Un incontro inaspettato

Mercoledì 10 marzo, a metà mattino, è venuto alla Casa sul Pozzo mons Mario Delpini, arcivescovo di Milano. È sceso dalla macchina con la mascherina, senza alcuna insegna vescovile; ci ha salutato riconoscendo don Flavio, dando la mano a P. Elia, salutando padre Angelo.

La visita era desiderata dal Vescovo per conoscere la realtà (ne aveva sentito parlare come di un “mito”) ed ora finalmente aveva la possibilità di farne conoscenza da vicino. La visita è stata contrassegnata da una sincera ed essenziale convivialità.

L’ospite è stato accompagnato a conoscere la casa, nella funzione di abitazione per un piccolo nucleo di persone, e di accoglienza e cura di adolescenti di nuova immigrazione e di seconda generazione, per la maggior parte musulmani.

L’arcivescovo si è mostrato molto attento e argutamente ha chiesto dove fosse il pozzo; Angelo glielo ha mostrato dall’alto spiegandone il significato.

Dopo una visita breve alla struttura ci siamo trovati nel salone per uno scambio di saluti in un clima di reciproco ascolto e di riconoscenza reciproca

Angelo ha ringraziato l’ospite, accompagnato dal vicario episcopale mons Maurizio Rolla, per la gradita visita e ha richiamato la comunicazione dell’arcivescovo di qualche settimana fa dal titolo: Posso chiedervi di condividere lo strazio dell’impotenza? Questa domanda era stata vissuta intensamente dagli abitanti la casa. Ha poi messo in rilievo il dialogo avviato con la comunità musulmana, che ha il suo centro proprio di fronte alla casa sul pozzo. Indicando con questa scelta una sfida perché questo territorio esprima una dimensione di pace e di prassi interculturale di riconciliazione e di confronto e non di contrapposizione tra chi vive pur in maniera diversa il riferimento al Libro come parola di Dio per l’uomo.  

Le parole di Delpini sono state di riconoscimento della forte creatività del gruppo e di gratitudine per quello che svolge sul territorio.

L’arcivescovo ci ha tenuto a dire che quella sua lettera è nata dall’ascolto di tante comunità e famiglie e che oggi hanno bisogno di sostegno e di una parola che sia salvatrice.

C’è stato un dialogo tra le persone e il vescovo.  

Renata Menaballi ha presentato l’esperienza con alcuni giovani di Crossing (e di ex) per ripensare una riflessione a partire dalle parole di p. dell’Oglio, che invitava a riscoprire la comune umanità. Purtroppo, la pandemia sta misurando questa esperienza, ma c’è possibilità di sviluppo.

Giuseppe Colombo chiede quale riverbero e quale ripresa in diocesi del viaggio di papa Francesco alla radice della fede nella terra di Abramo.

Provocatoriamente mons. Delpini ha rilanciato: “se avete voi qualche idea da propormi …!” ma poi ha assicurato che la diocesi di Milano guarda molto ad oriente ed è attenta alle vicende di quei popoli.

Valentina Nocita ha presentato all’ospite il lavoro educativo nei confronti dei ragazzi di Crossing, che in questo momento sono impossibilitati a venire; ma proprio per questo viene garantito loro   un contatto e una presenza costante on-line.

La risposta dell’arcivescovo è stata di richiamo alla libertà dei soggetti, di cui noi ci prendiamo cura educativamente; per questo possiamo soffrire anche dei fallimenti. Ma proprio in questo contesto ha voluto puntualizzare una dinamica di non invadenza nei confronti dei giovani; di non far trovare tutto pronto, ma lasciare loro la possibilità di esprimersi. In questo senso si augura che queste giovani generazioni sappiano essere in un certo qual modo “rivoluzionari”! Nel senso di lottare per il cambiamento e non adagiarsi in quello che il mondo li costringe ad essere: bravi consumatori. C’è un bisogno di ripartire, di riguadagnare senso e non mollare.

Alla fine di questo breve dialogo abbiamo chiesto la sua benedizione e l’arcivescovo ha declinato in maniera semplice ma intensa la discesa della benedizione sugli ospiti, sui volontari, sulla casa, sulle famiglie e sulla città.

Lo scambio di alcuni doni ha segnato il termine dell’incontro. All’arcivescovo la comunità ha donato la colomba in ceramica e due testi: il libro di Sara Favre su Mino Cerezo, di cui l’ospite ha potuto ammirare le opere, e la guida per comprendere il fenomeno migratorio nel nostro territorio; non da ultimo alcune confezioni di marmellate prodotte dalla casa sul pozzo.

In un momento finale di commiato, in cui ha sorpreso la sua attenzione gentile con cui ha voluto salutare P. Elia, ha avuto modo di percorrere i nomi sul Muro della memoria, la fontana della pace e la Carta di Peters.

Giuseppe Colombo

Un grande dono la visita dell’arcivescovo Delpini alla Casa sul Pozzo.

È entrato in silenzio e senza cerimonie, con molta semplicità, ma con la forza di chi ha la libertà profonda di dire ciò che pensa.

E così il dialogo con il gruppo dei presenti (una trentina di persone!) è stato subito sciolto, familiare.

Punto di partenza è stato l’invito proposto da Delpini stesso tre settimane fa per una condivisione dello “strazio dell’impotenza” e che la Casa sul Pozzo ha vissuto con una serata intensa di preghiera e contemplazione. Da lì la conversazione ha toccato il dialogo con l’Islam: l’arcivescovo ha subito colto la sfida di un incontro che vuole andare al di là del buon vicinato e cerca l’ascolto dell’altro, la condivisione di un cammino nella fede, l’attenzione alla concretezza del quotidiano.

E poi Crossing con la fatica e la tenacia corali della Comunità e degli educatori in questo tempo di pandemia. Da Delpini una nota preziosa: aiutare i ragazzi a prendere coscienza delle proprie risorse e del “fuoco di cambiamento” che è dentro di loro, anche nella difficoltà.

Infine, il comune affetto per papa Francesco e il desiderio che i segni forti che quest’uomo sta compiendo nel mondo possano essere energia di trasformazione per le nostre comunità.

Un incontro breve, ma non formale: uno di quei piccoli grandi momenti che lasciano traccia e donano speranza.

Renata Menaballi