Lettera familiare della Casa sul Pozzo n.51

28 Aprile 2019

Care Amiche ed Amici,

abbiamo vissuto una Pasqua intensa e diversa; dalla grande cena pasquale di giovedì, al silenzio del venerdì, alla discesa agli inferi di sabato per chiudere con la veglia nella notte della Resurrezione.

Al mattino della domenica ci siamo ritrovati con il massacro di vite nello Sri Lanka e nel nostro territorio con il tema delle zone rosse a Calolziocorte vietate all’insediamento dei migranti e quelle blu dove è permesso l’accesso.

Dietro questi segni, con differente caratura, qual è il clima che stiamo respirando? Come questo clima ha inciso sulla diversità di questo tempo di Pasqua?

La Pasqua è una festa di liberazione: un gruppo di migranti in cerca di pane in Egitto diventano schiavi e guidati da Dio si sollevano cercando una terra di libertà.

La vita con i giovani che frequentano la casa sul pozzo è per abilitarli alla ricerca di un futuro abitabile nella pace e nella difesa dei più fragili.  

Se questa è la trama esterna della Pasqua, la diversità di quest’anno è dovuta ad una partecipazione più massiccia delle persone, più intensa per partecipazione interiore, con maggiore spazio di silenzio e di coesione tra la propria vita e le radici che la sostengono; si è sentita dichiarata una maggiore partecipazione alle vicenda dei poveri. Del segno che va imprimendo papa Francesco non si perdono le tracce ma tornano ad essere le virtù indicate . Ci pare anche che la rozzezza fatta di insulti da parte di alcune classi di politici non possa più essere letta come difesa un po’ arrabbiata di valori, ma il povero, il fragile, lo straniero, “il piccolo” secondo il Vangelo rianno il posto di onore.

L’ultimo pensiero è che la Pasqua non ci rimanda al passato ma è una finestra aperta sull’oggi.

Mi torna in mente un frammento stimolante di un libro di Ivan Illich, Pervertimento del Cristianesimo, un pensiero che mi ha accompagnato in questi giorni: Era d’abitudine, in una casa cristiana, avere un materasso in più, un pezzetto di candela e un po’ di pane secco in caso il Signore Gesù avesse bussato alla porta, vale a dire, qualcuno senza un tetto sopra la testa fosse arrivato, e allora tu lo avresti accolto e ti saresti preso cura di lui. Questo tipo di comportamento è radicalmente contrario a tutto quanto era conosciuto nell’Impero romano, in qualsiasi delle sue culture.

Questa è la radice di quello che viene chiamato in modo irrisorio buonismo. E’ la radice che continua a fruttificare anche nei nostri giorni nei quali sembra prevalere il dettato da un personaggio della Lega (Roberto Maroni) che da ministro degli interni aveva detto  “Per contrastare l’immigrazione clandestina non bisogna essere buonisti ma cattivi, determinati”. (intervento alla manifestazione “Governincontra”, Avellino 2 feb 2009). [Si osservi il ‘buonisti’. Mi ha impressionato anni fa leggere nella lapide al cimitero di Casaglia, a Montesole,  luogo della strage nazifascista un pensiero simile: “Dobbiamo essere crudeli, dobbiamo esserlo con la coscienza pulita, dobbiamo distruggere in maniera tecnico-scientifica” (Hitler, frase tratta dal primo discorso al Reichstag).

Questa Pasqua ha richiamato questi pensieri e soprattutto lo sconvolgente atteggiamento di Dio che si fa uccidere per attraversare la nostra crudeltà umana.

Il lunedì di inizio della settimana santa abbiamo avuto un incontro prezioso con la spiritualità musulmana nelle figure di due giovani iman: Iassine Lafram (Bologna) e Usama El Santawi (Lecco).

E’ stato un colloquio a voce alta, non gridata, che ci ha permesso di abitarci reciprocamente. Il testo d’occasione è stato il documento di Abu Dabhi firmato da Papa Francesco e dal Grande Iman al-Azhar sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” del 4 febbraio scorso.

Nel salutare i due iman ho detto che i nostri due spazi: il centro culturale Assalam e la Casa sul Pozzo si guardano e si offrono stima reciproca e sostegno. Penso alla vocazione di questi due spazi e alla vocazione che i due abbiamo insieme per collaborare alla reinvenzione di questa città di Lecco. Siamo alla periferia della città che ormai è un’unica falce attorno al lago/fiume. Papa Francesco, parlando della terra di don Tonino Bello, ha detto che quella terra potrebbe essere un arco di guerra, ma l’accoglienza degli uomini lo possono cambiare in un arco di pace.

Questo è il primo augurio che raccolgo questa sera. Quelli che siamo qui possiamo e dobbiamo costruire un arco o un ponte di prossimità per la pace e il bene reciproco.

Ritorno al tema dei giovani che frequentano la Casa, a quelli delle seconde generazioni figlie degli immigrati dei Settanta e soprattutto 80; vanno verso i 18 anni. Questa seconda generazione abbandona il couscous e la djellaba, parla francese, tedesco e inglese. “Ma sono musulmani. Credenti. E cominciano i problemi. Finché erano stranieri arrivati con la loro cultura e il folclore, si poteva amarli o no, ma non ci si sentiva in discussione. Ora non sono più turchi o arabi. Sono musulmani. Il problema comincia lì» (Olivier Roy)

L’Europa è la preoccupazione che sta segnando le nostre vite. Faremo con Massimo Campedelli una serata il 6 maggio per provare a capire cosa si muove sullo scenario politico, anche perché le due forze principali dell’attuale governo italiano sono euroscettiche.

Tenteremo di moltiplicare l’informazione soprattutto per generare un pensiero condiviso in ordine alle elezioni del 26 maggio.  Paolo Rumiz – autore di Il filo infinito, scritto al termine di un lungo pellegrinaggio nei monasteri benedettini – dice che c’è bisogno di una narrazione all’altezza non solo di ciò che l’Europa è stata in passato, ma anche di ciò che è anche oggi questa grande costruzione comune.

Di Europa e del nostro prepararci a delle trasformazioni, ne abbiamo parlato come missionari clarettiani nei giorni 22/25 aprile nel 4×4 a Trieste. Il 1° gennaio 2020 quattro organismi (Italia, Francia, Paesi Baschi e Catalogna) costituiremo un solo organismo giuridico come comunità religiosa. Ci siamo anche posti il tema della condivisione carismatica tra missionari e laici e soprattutto con quale stile esprimere la nostra presenza.

L’esperienza della Casa sul Pozzo non è un modello rigidamente definito che è sufficiente ricopiare. Esistono tante case sul pozzo: quella prevalente cristiana, perché abitata in un territorio definito cristiano; quella musulmana più sotterranea anche se esplicita, quella delle altre confessioni, a volte un po’ rigide. Ogni giovane che abita la casa la segna con la sua appartenenza e presenza. C’è anche un piccolo gruppo che trasversalmente si interroga sulla propria vita e sulle proprie radici ma soprattutto sul proprio oggi/domani. E’ il lavoro che stiamo seguendo con ostinazione e leggerezza. Come un po’ tutti gli altri laboratori, per esempio quello condotto dalla toscana Desideria Guicciardini sull’espressione artistica o quello dell’orto con Franco e Gigi, quella della fotografia, del ballo espressivo che sta commentando, dopo la Banda Manzoni, il coro Elikia.

Mi piace chiudere questa lettera di aprile lanciando il messaggio di Greta Thunberg e di migliaia di altri adolescenti/giovani: Adulti svegliatevi, non c’è più tempo.  Un pensiero augurale per ognuno.

Angelo