24 luglio2018
A una settimana dalla celebrazione del congedo da Maria Calvetti il nostro pensiero corre spesso a lei e alla sua vita. Raccolgo una nota personale e ospito il pensiero di tre amiche che me lo hanno consegnato per comunicarlo a tutte/i.
Nelle esequie di Maria Calvetti, al termine, prima della preghiera finale, quindi dentro la celebrazione, è iniziato un monologo-dialogo tra la gente e Maria.
La vita di un uomo prende spessore dalle relazioni da cui si lascia attraversare. Questa frase l’ho letta nella notte, me l’aveva scritto qualche ora prima l’amico Marco Vincenzi dandomi notizia di un altro passaggio di un altro amico, Frediano. Mi è servita a rileggere la storia di due esequie vissute nella giornata del 17 luglio: quelle di don Eugenio Ronchi a Maggianico e quelle di Maria Calvetti a Castello, sempre nella nostra città.
Di don Eugenio ricordo un flash illuminante vissuto nella chiesa di Chiuso qualche mese fa preparandoci all’Eucaristia con il vescovo Delpini. Eugenio si muoveva a fatica, come chiuso dentro un corpo che lo rendeva pesante. Ad un certo punto ha cominciato a parlare con un ragazzino, la sua voce e lo spirito era vivacissimo, familiare, allegro, colmo di bellezza e di quotidiano. Il suo sorriso, hanno detto poi in tanti, raccogliendone l’eredità.
Nelle esequie di Maria, le tante voci che si sono succedute al microfono, hanno parlato con Maria, fino al carissima del don Egidio, il suo parroco di Castello di Lecco.
Lei è stata carissima per i tanti che sono arrivati; è stato il volto e il sorriso umano. Lei ha dato il volto della città allo straniero di passaggio. Lei si è lasciata trasformare dai volti con i quali ha dialogato per tanti anni.
angelo
martedì 17 luglio 2018 – Chiesa di Castello
Il popolo del futuro oggi era lì. Maria l’ha presentato a tutti noi, forse nemmeno lei pienamente consapevole della sfida lanciata lungo tanti anni: una tessitura di incontri, di progetti, di porte aperte.
Oggi canti e lacrime. Dentro e fuori la chiesa. Grido contro la “cecità” che non vuole vedere? Noi l’abbiamo letta anche così. Perché il “vedere” presuppone la sfida ad andare oltre; oltre gli schemi, i pregiudizi, le paure impunemente guidate.
Lei, Maria, ha esercitato la pazienza-impaziente a scorgere questo popolo del futuro. E’ fatica, ma è anche bellezza liberante. Per noi stessi, prima!
Cambiare il nostro sguardo per “il diritto a sognare”. Un diritto che dovrebbe essere incluso nella Dichiarazione universale.
Maria ha visto “gli invisibili”. Loro hanno origini e tradizioni diverse e molto lontane, ma è con loro che siamo chiamati a costruire una nuova identità sempre più multietnica. Se vogliamo sentirci amati da lei, guardiamoli anche noi con altri occhi, occhi nuovi.
Angela Lorenza Mariuccia