Lettera familiare della Casa sul Pozzo n.47

31 dicembre 2018

Carissime Amiche ed Amici,

nel chiudere e consegnare alla storia il 2018 e nell’aprire sotto la forza dello Spirito il nuovo anno, faccio ad ognuno e a tutti l’augurio della Pace. Per il 1° gennaio 2019 papa Francesco ha dettato la linea operativa:

  • la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;
  • la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé;
  • la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire.

Questi tre aspetti li abbiamo incrociati con un augurio rivolto dal monaco Dossetti il 15 settembre 1985 all’inaugurazione della comunità monastica di Montesole vicino al cimitero di Casaglia e che traduce una benedizione per la Casa sul Pozzo e per le abitazioni di tutti gli amici e uomini sulla terra: “La vita di questa casa sia capace di mitezza, di mansuetudine, di discrezione, di rispetto religioso verso tutti”.

Il dicembre 2018

Abbiamo iniziato il cammino di formazione sui due temi: la politica e la spiritualità. Sulla politica abbiamo fermato per un incontro il lavoro sull’Europa per prendere di petto la comprensione del Decreto Sicurezza con le ricadute sui territori, in modo particolare sul nostro. Alcuni giorni dopo il 10 dicembre, il 13, abbiamo avuto ospite il filosofo Giuliano Pontara, straordinaria figura di docente in Svezia sui temi della educazione alla nonviolenza, sulla figura di Gandhi; ci ha regalato una serata di emozioni e di approfondimenti sulla disobbedienza civile.

Il cammino sulla spiritualità, iniziato il 17 dicembre con Marco Vincenzi, si è incentrato sulla recente pubblicazione Profezia dello sconfinamento, che sarà il filo conduttore, ogni mese, fino al giugno 2019.

Nella vita della Casa è stata notevole l’uscita di tre giorni di oltre 23 adolescenti (alcuni del don Guanella e di Sineresi gli altri di Crossing) in Toscana e Umbria; preceduta da alcuni laboratori sull’autobiografia i giovani hanno lavorato al Museo dell’Autobiografia di Anghiari, hanno visitato e interagito con Assisi e i suoi personaggi. Il racconto di quanto hanno provato è stato fatto in altri momenti del ritorno alla Casa sul Pozzo, in modo particolare nella festa per gli auguri di Natale il 21 dicembre.

Nella stessa sera, a Santa Maria Hoè, il coro Licabella, diretto da Floranna Spreafico, ha realizzato una splendida meditazione musicale raccogliendo anche una somma a sostegno della vita della Casa sul Pozzo.

All’inizio del mese di dicembre, il 2, è morta Anna Cecchinel, moglie del nostro amico Beppe Panzeri e mamma di Doretta e Cristina Panzeri. Una figura familiare nel tessuto comunitario nostro e nella formazione delle mamme alla cucina, alla sua estetica e bellezza. La partecipazione ampia e cordiale alle esequie ha sostenuto il nostro sguardo verso una memoria e un futuro. Siamo tutti vicini in modo particolare alla sua figlia Doretta membro della comunità di via gaggio.

Il 06 dicembre abbiamo celebrato i 45 anni del GIMS: siamo legati a questo gruppo di impegno missionario dai primi tempi dell’associazione; una collaborazione fatta di stima e di appoggi anche economici nelle difficoltà. In modo particolare ricordo gli anni di Un passo dopo l’altro, manifestazione di camminata nell’ambiente e di coinvolgimento delle persone sui temi della marginalità. Le figure di Luigia e Sandro Morganti e di tante altre è bello richiamarle oggi, come anche quella di Anna diventata monaca romita con il nome di suor Maria Gloria Anna.

Il 16 domenica abbiamo ospitato gli amici dell’associazione la Goccia per il loro Natale; e il giorno seguente i ragazzi delle elementari delle scuole di Chiuso e il consiglio di amministrazione della Fondazione della Provincia.

Una serata, il 19, ha raccolto per una cena natalizia oltre sessanta volontari della casa (studio, cucina, manutenzione) per uno scambio di auguri e per una informazione sul cammino che stiamo compiendo.

Nella Veglia di Natale molte persone sono venute a celebrare con noi. La veglia è stata introdotta dalla lettura della Preghiera detta in occasione dell’iniziative Coperte termiche come oro e riportata nel calendario 2019. Il Bambino è stato deposto a terra su una coperta oro/argento, una di quelle che vediamo addosso ai profughi al loro scalo nei porti (ora sempre chiusi) dell’Italia. Il Bambino, al termine della celebrazione, è stato deposto nella tenda, disegnata anni fa da Antonio e Michele Spreafico, dove rimarrà fino alla sera del 6 gennaio.

Negli ultimi due giorni dell’anno (27 e 28) sono stato a Barcellona per partecipare all’incontro dei quattro gruppi dei clarettiani (Catalogna, Paesi Baschi, Francia e Italia) che con il 1° gennaio del 2020 si riuniranno in un unico organismo.

Il 29 dicembre l’associazione comunità di via gaggio ha approvato i bilanci e rinnovato il consiglio di amministrazione: Angelo Cupini (presidente), Daniele Togni e Doretta Panzeri (vicepresidenti), Romano Losa, Mariangela Montanelli, Elisabetta Nicolini, Giuseppe Colombo, Renata Menaballi e Massimo Pelladoni.

Il 2019

Adottare una guerra Raniero La Valle in www.chiesadituttichiesadeipoveri.it del 28 dicembre 2018 ha fatto una proposta che giro a tutti

Care amiche ed amici, con la “Giornata della pace” comincia martedì prossimo un anno di guerra. Quella che oggi ci funesta è la guerra che, andando oltre gli stessi conflitti già combattuti ed in corso quando il mondo era diviso in blocchi, ha avuto inizio nel 1989 con la caduta del Muro e si è posta come obiettivo il dominio finale sulla terra, questa volta da parte del capitale sovrano. Guerra mondiale, dice il papa, ma a pezzi. E i pezzi sono le singole guerre e sopraffazioni e violenze e muri e false sicurezze e chiusure, che tutti insieme fanno una guerra sola. Nel messaggio del giorno di Natale papa Francesco le ha enumerate una per una, a cominciare da quella di Israele in Palestina, che è la guerra più antica e di cui portiamo il peso maggiore, perché è la guerra provocata dalle nostre religioni non convertite. Ma poi c’è la Siria, sempre al primo posto nell’assillo del papa, e lo Yemen, e i Paesi dell’Africa, e la Corea, e il Venezuela, l’Ucraina, il Nicaragua, tutti chiamati per nome, e i popoli ancora e sempre colonizzati, e le minoranze oppresse. Ma le guerre non sono tutte qui. C’è l’Afghanistan, che non cessa di pagare per l’11 settembre, il Myanmar, per il genocidio dei Rohingya, le Filippine, il Pakistan, la Thailandia, la Cecenia, il Daghestan, il Nagorno Karabakh, l’Azerbajan, e c’è la Turchia contro i curdi e contro la Siria, l’Iraq devastato, e ancora la Colombia e poi il Messico stretto tra il muro di Trump e l’aggressione del narcotraffico. Di queste guerre non mancherebbero notizie, ma ben pochi se ne occupano, tanto meno i giornali e le TV delle nostre informazioni quotidiane. Quello che allora proponiamo è che nell’anno che viene, ciascuno si scelga una guerra da adottare, una guerra di cui informarsi, da seguire, di cui pensare e amare in particolar modo le vittime, e di cui magari accogliere qualche profugo nel proprio paese o nella propria casa. Sono cose che già succedono, perché il potere, per quanto ottuso, non può proscrivere l’amore e la solidarietà, ma se esse fossero più diffuse, forse queste guerre non sarebbero dimenticate e lasciate incancrenire, e più presto potrebbero finire. E magari se ne potrebbe parlare in rete, e nei siti e nelle mail, ciascuno a dire la sua esperienza del suo incontro con l’Altro, fosse anche solo a livello di informazione, per saperne e farne sapere di più; qualcuno può dire perché ha scelto quella guerra lì e quel “prossimo” da seguire, e darne a tutti ragione e notizia; e lo potrebbero fare anche le parrocchie. Il motivo di tutto ciò è che dobbiamo cominciare ad inventarci, non solo nella politica e nel diritto, ma nella nostra stessa esistenza quotidiana, i modi per andare verso quel grande traguardo che il papa ha indicato nel suo messaggio di Natale, in quel discorso dalla Loggia di san Pietro che non a caso, secondo una ridondante tradizione, è indirizzato “urbi et orbi” (e invece mai lo stile ne fu più umile ed evangelico come in questo Natale di papa Francesco). Il traguardo è l’unità dell’intera famiglia umana: “riscoprire i legami di fraternità che ci uniscono come esseri umani e legano tutti i popoli. Fraternità tra persone di ogni nazione e cultura. Fraternità tra persone di idee diverse, ma capaci di rispettarsi e di ascoltare l’altro. Fraternità tra persone di diverse religioni”, tutto congiurando all’amore, all’accoglienza, al rispetto “per questa nostra povera umanità che tutti condividiamo in una grande varietà di etnie, di lingue, di culture…, ma tutti fratelli in umanità!”. La competizione tra le fedi, l’annessionismo religioso per la Chiesa di Roma sono veramente finiti. Il terreno dove si gioca la partita della salvezza, la vera Chiesa,  è l’umanità tutta intera.

Come vivere questo nuovo anno ?

Il presidente dei Vescovi italiani in una intervista a Paolo Rodari ha detto:

«Il Censis, in un suo Rapporto, affermava che ci vuole un salto di qualità culturale per non considerare più le reti comunitarie come realtà puramente ancillari, ma come protagoniste di quel welfare comunitario che può generare coesione, qualità e sostenibilità. Senza questo salto culturale, non si colpiscono soltanto le fasce più deboli, ma la dignità di tutti, anche di coloro che, avendone la possibilità, accettano di donare parte del loro tempo e delle loro energie a fin di bene: gruppi, enti, fondazioni bancarie, singoli. Quando calamità, emergenze umanitarie ci colpiscono chi corre? Chi nel quotidiano aiuta tante famiglie a portare il peso della vita? Chi cerca di aiutare? La politica fa e tante volte disfa, la povera gente fa e non chiede nulla. A che scopo mettere in difficoltà una rete secolare di opere e di impegno?».

Il quotidiano della Cei, Avvenire, proprio su questo punto si è scontrato duramente con il ministro Salvini. Cosa gli direbbe oggi se lo incontrasse?

«Gli direi: Signor ministro, se la prenda con chi vuole, con i vescovoni, con la stampa cattolica, con i preti meschini e arrivisti… ma non tocchi l’umanità e il senso del dovere che hanno ispirato la nostra Costituzione. Da credente aggiungo: il Bambino nato a Betlemme è il seme di una speranza invincibile, che rinasce malgrado le difficoltà, le persecuzioni e anche gli sberleffi. La Chiesa italiana ha i suoi limiti, ma non può essere processata sui social o con qualche dichiarazione. Chiedo che sia compresa e, al più, sfidata con comportamenti e azioni degne di essere imitati».  (in “la Repubblica” del 27 dicembre 2018).

Per il papa sarà l’anno delle scelte così le ha annotate Luigi Sandri in “Trentino” del 31 dicembre 2018. Riporto il testo perché fa da tessuto connettivo alle questioni più di famiglia che ci troviamo a vivere.

Anche se non si possono prevedere tutti gli eventi maggiori che caratterizzeranno, ai vertici della Chiesa cattolica, l’anno che sta per aprirsi, già sono certi alcuni eventi che impongono a papa Francesco scelte non sempre facili.

A fine gennaio si reca a Panama, per la Giornata mondiale della gioventù. Sarà l’occasione per ripetere, “in loco”, il suo pensiero sui migranti, che contrasta con quello di Trump.

Poi, in febbraio (21-24), ci sarà in Vaticano la riunione dei presidenti delle Conferenze episcopali del mondo per affrontare il tema degli abusi sessuali su minori da parte del clero. Il “summit”, il primo nel suo genere, sarà uno spartiacque nella storia della Chiesa romana. Sarebbe del tutto ingiusto generalizzare, perché solo una piccola minoranza del clero – si parla del 4 o 5% – commette questo reato; ma il papa lo ha definito “vergogna” e “scandalo”, inammissibile e sempre gravissimo. L’incontro episcopale dovrà domandarsi per quali motivi, nella seconda metà del Novecento, di norma si è preferito tacitare lo scandalo spostando il prete pedofilo da una parrocchia ad un’altra, sacrificando alla “ragion di chiesa” la vittima; e ripensare radicalmente la formazione dei futuri preti.

Altro, e del tutto differente, tema ecclesiale è quello legato al Sinodo pan-amazzonico previsto per ottobre a Roma. Esso, oltre che indicare percorsi per favorire la difesa dell’ecosistema del “polmone del mondo”, dovrà decidere se ammettere alla ordinazione sacerdotale uomini già sposati, affidando loro comunità di indios sparse nell’immensa foresta. La proposta, se accolta, in prospettiva porterà a ridiscutere ovunque lo “status” del clero latino, e dunque la legge del celibato obbligatorio.

Nessun appuntamento formale il papa ha invece previsto, per ora, nel 2019, per quanto riguarda i ministeri alle donne e, più in generale, la loro ammissione a tutti i posti decisionali della Chiesa, di solito gelosamente riservati ai maschi. Ma il problema cresce ogni giorno e, lasciato irrisolto, provocherà tensioni ingestibili.

Sul fronte ecumenico, il pontefice ha davanti a sé una questione gravissima, ma, allo stato dei fatti, insolubile: l’asperrimo contrasto tra i patriarcati di Costantinopoli e di Mosca. A causa della autocefalia (indipendenza) che il primo ha concesso alla Chiesa ortodossa d’Ucraina, e che il secondo ha respinto, giudicandola “scismatica”, l’intera Ortodossia rischia di spaccarsi: e ciò, di riflesso, graverà anche sul papato. Sul fronte interreligioso, l’anno che si apre vedrà Bergoglio particolarmente impegnato nel dialogo con il mondo musulmano: infatti visiterà gli Emirati arabi uniti (3-5 febbraio) e il Marocco (30-31 marzo), due paesi massicciamente musulmani e che pesano nel pianeta Islam. Ciascuno di questi appuntamenti comporta, per Francesco, decisioni importanti, e non scontate, perché gruppi di cattolici, anche a livello gerarchico, minoritari ma agguerriti, si sentono assai poco in sintonia, oggi, con alcune sue scelte strategiche.

Ci ha lasciato, a 79 anni, Amos Oz , il grande scrittore israeliano. Una vita al servizio della sua terra dal kibbutz alle battaglie civili, non ha mai smesso di denunciare l’escalation militare verso i palestinesi e di promuovere la soluzione dei due Stati. Il compromesso, diceva, era la parola più cara del suo vocabolario e con una certa ironia, faceva un esempio: «Da decenni sono sposato con la stessa donna; quindi so cosa vuol dire compromesso». Amos Oz era nato a Gerusalemme. La madre Fania si era tolta la vita quando Amos era giovanissimo e da quel lutto non è mai riuscito a guarire. A quindici anni lasciò la casa del padre e l’ambiente di destra in cui era cresciuto e andò a vivere in un kibbutz. Cambiò il cognome in Oz, che vuol dire forza e coraggio. Voleva essere pioniere, agricoltore, e con i piedi nudi toccare la terra. E invece diventò scrittore. Con un suo testo abbiamo aperto il libretto edito dalla Comunità Fare strada insieme.

Chiudo con una notizia di casa: è stata rinnovata la cucina della Casa sul Pozzo, al primo piano, grazie ad un cambiamento di abitazione di Betta; non è solo il manufatto a rendere tutto più funzionale ma l’intelligenza e la competenza delle persone che vi hanno lavorato e che in tre giorni hanno smontato, rimontato, sostituito, e finito uno spazio che continuerà a essere utile per la vita di tanti.

Il gioco di squadra, la preparazione di questo gioco e la felicità per realizzare il tutto è un bene prezioso.

Auguro questo bene a tutti e a ogni persona alla quale giungerà questa lettera.

Angelo